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Crescere bambini di colore - l'identita' etnica del bambino adottato

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  • Crescere bambini di colore - l'identita' etnica del bambino adottato

    Cari/e amici/che del Forum AiBi,

    Sono la mamma di due bambini di colore e come tale sono interessata a far crescere i miei figli in modo tale che siano orgogliosi sia del proprio paese d'origine sia della propria etnia.

    Ci sono molte leve e mi piacerebbe confrontarmi con Voi - amici/ch del forum - per questa volta, visto l'arrivo imminente del Natale, vorrei partire dal tema REGALI. Non per ridurre le LEVE al consumismo, ma per questioni di tempo (comprare e incartare i regali).

    Una delle leve di costruzione della propria identità è il GIOCATTOLO.
    Tutte le bambole (tipo Cicciobello) e le Barbie sono bionde e con gli occhi azzurri.
    Non si trovano Barbie, Ken e relativa prole di colore (afro, mulatti, asiatici, ....).
    Come puٍ un bambino/ a crescere equilibrato, rispetto alla propria etnia e colore dela pelle, se ha sempre dinnanzi a sè come esempio bambole e pupazzi con cui è impossible a priori identificarsi?

    I miei figli (maschio e femmina9 giocano a "gioco di ruolo" emulando la vita famigliare sia la ns. in casa che in modo astratto. Mi hanno chiesto tantissime volte giocattoli (barbie,ken, figlioletti vari, oltre che cicciobelli) di colore in cui rispecchiarsi ed hano ragione.

    A volte su eBay si trova qualcosa, ma ci sarà qualche negozio a Milano che vende tale tipo di giocattoli.
    Sono stata in tantissmi negozi, ipermercati, etc senza successo.

    Avete dei riferimenti concreti (nomi di negozi, indirizzi, etc.) per l'acquisto di bambole etniche?

    Grazie mille.

    Ci risentiamo presto per ampliare la discussione ad altre leve per CRESCERE BAMBINI DI COLORE - L'IDENTITA' ETNICA DEL BAMBINO ADOTTATO - IL RAPPORTO COL PAESE D'ORIGINE.

    Viola

  • #2
    Mi spiace per Milano non saprei cosa dirti, io a Genova trovo normalmente nei negozi di giocattoli (Giocheria e Toys) come negli ipermercati sia Barbie che Cicciobello di colore o asiatici, i miei ragazzi sono un po' fuori target (in realtà erano tanto grandi che ne ho comprati pochi di queste) ormai ma ancora ora se devo regalare una bambola a qualche bimbo più piccolo tendo a comprarlo colorato (cuore di mamma)

    Comment


    • #3
      Argomento molto interessante dato che sto per adottare due gioielli maschi Afro-Colombiani.

      Anche io so dell'esistenza di una Barbie di colore perchè lo scarso hanno mia cognata la regalo alla nostra principessa che ospitiamo in estate e a natale.

      Siamo più fortunati perché ai maschietti piacciono palloni, macchinine e aerei.

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      • #4
        Cara Viola, non so consigliarti x il negozio....
        ti ringrazio invece molto x aver aperto questo topic x' io sono ancora all' inizio del percorso ma mi piacerebbe dare un incarico a un ente che mi porti in Africa (che io amo) x cui seguirٍ con piacere gli argomenti che proporrai...
        a proposito, visto che mi sembri molto avanti... hai letto libri o visto qualche sito interessante sull' argomento???
        .... x portarsi avanti pensando positivo!!!
        Grazie

        Comment


        • #5
          Che bello! In cosى poco tempo, cosى tante risposte!!!
          Dunque....sul tema [U]REGALI [/U], mi sono accorta che mio figlio (quasi 10 anni!!) vuole giocare alla famiglia anche con Barbie, Ken e pupazzetti piccoletti che sarebbero i figlioletti. Cosى lui e la sorella minore fanno giochi di ruolo. Giocare alla famiglia è quasi terapeutico per loro. Tutti i bambini adottati grandicelli e dico TUTTI hanno un background difficile. Solo i neonati di pochi giorni possono essere esenti da ciٍ, anche se ci sono degli stu***si che parlano di "ferita primaria" e ci sono libri su questo tema.
          Anche i cicciobelli (i miei figli giocano con bambole non di tale marca ma di altre marche, ho citato il cicciobello ) servono a loro per riprodurre la vita domestica mai avuta da picocli (sono stati adottati da grandi). E' commovente come si prendano cura dei bambolotti. Giocano con la cucinetta, etc.
          Mio figlio gioca anche coi Lego, macchinine, macchinine ra***-comandate, mostri, castelli, galeoni, soldatini, etc. Perٍ ama giocare con la bambole nei giochi di ruolo. Da quanto sento da amiche, non è l'unico, nè per l'età neè per il sesso (maschio, appunto).

          Sul tema ETNIA, vorrei , lanciare / aprire un gruppo di discusssione nel forum AiBi.
          Ho amici/ che coppie miste, ho amici/che hanno adottato come noi bambini di colore, ho letto tanto sul tema e ho fatto alcuni corsi prima dell'adozione dei ns figli. La cosa più bella è il confronto ed il dialogo con altre mamme e "future-mamme".

          Il bambino adottato olte a non somigliare ai genitori adottivi, e qui non c'entra il colore della pelle ( !), è un bambino che spesso non conosce la cultura del Paese d'origine. Il bambino adottivo è un bambino cresciuto nella stragrande maggioranza dei casi in regime di: privazioni, maltrattamenti, abusi, aggressioni, violenze, degrado, povertà. E' cresciuto in baraccopoli, in tendopoli, in villaggi di capanne, sotto un ponte, per strada, in discariche, etc. Sia le famiglie affidatarie nel Paese che gli orfanotrofi (adesso va di moda chiamarli istituti, sono dei lager! Basta voler edulcorare la realtà! Che si dica la verità e che si chiamino le cose col loro nome!) lesinano sul cibo (qualità e quantità), non educano ai valori della vita, non spiegano com'è fatto il mondo, non seguono nè all'asilo/ scuola nè la salute (vaccinazioni) della maggior parte dei bambini. L'unica ancora di salvezza sono gli ordini religiosi, che magari in ristrettezza di mezzi, danno il cuore a questi bambini. Poche famiglie affidatarie onorano il contratto prendendosi cura bene dei bambini che poi ci verranno dati in adozione. Molti bambini sono figli di madri sole, che li hanno abbandonati oppure che hanno perso la patria potestà. Non sono certo le condizioni in cui un bambino vnega seguito.

          A scuola in Italia a seconda delle stagioni/ festività se ne parla in classe, si fanno dei lavoretti, si fanno delle recite. A casa in famiglia si decora la casa, si mangiano pietanze diverse, si fanno gite, ci si vede col parentado/ amici, ci sono i regali e le sorpresine a tema. Poi per chi è religioso, c'è la liturgia dei vari eventi. Natale, Epifania, Pasqua, etc. Le tradizioni per i bambini sono questo. Questo è uno dei primi contatti che un bambino ha con al cultura del paese in cui vive.

          In una baraccopoli, ove si mangia qulache volta alla settimana e dove si muore di dissenteria, chi pensa al natale? e alla Pasqua? Rispondo io: nessuno!

          Scusate, non voglio far pianger nessuno, perٍ è cosى.

          Il bambino adottivo ha avuto solo sportellate nei denti dal paese in cui è nato.
          Solo ad un certo punto il paese d'origine ha fatto qualcosa di gran***so: avendone valutate le condizioni (inclusa l'impossibilità di adoz. naz. nel proprio paese) ne ha disposto l'adottabilità per una coppia straniera.


          Con riferimento al RAPPORTO CON LE PROPRIE ORIGINI, insegno ai miei figli:
          - non odiare, non provare sentimenti di vendetta (che non portano a nulla e logorano alla fine) alcuna persona del proprio passato;
          - non parlare male del proprio paese di nascita. Ricordo loro che siamo stati bene insieme nel paese nel periodo precedente la partenza per l'Italia. La differenza la fanno le persone con cui sei e non tanto il luogo (tranne casi estremi, ovviamente!!). Ogni paese ha qualcosa di unico, di bello dal punto di vista naturale-paesaggistico, artistico, architettonico, etc. Ci sono personaggi famosi nati in vari paesi;
          - insegno , a misura di bambino, storia, geografia, arte, tradizioni, gastronomia, etc. ai miei figli (fonti: internet, libri, conoscenti, etc.)
          - ho comprato dei CD e libri della loro lingua d'origine (inclusi corsi per auto-didatti) per quando saranno + grandi e vorranno re-imparare un po' la loro lingua d'origine.
          - in casa abbiamo tantissimi oggetti d'artigianato etnico, e molti comprati nel loro paese d'origine, idem per fotografie loro nel paese.
          - cerco di farl loro conoscere ed intrattenere rapporti d'amicizia/ freuquqntazione con bambini adottati nello stesso paese.
          - per i giocattoli, mi attivo a comprare bambolotti/ bambole varie del loro colore.
          - cerco di mettere in luce similarità, anche molto forzate, per cercare di rafforzare il legame (es. abbiamo gli occhi neri, abbiamo lo stesso colore preferito e ci dona molto quando lo indossiamo, ci piacciono quei cibi....allora siamo proprio uguali. Mi faccio la coda come mia figlia, mi metto le scarpe da tennis simili/ uguali a mio figlio. Trucchetti di una banalità pazzesca, ma che hanno il loro impatto sui bambini, almeno poco dopo il loro arrivo in Italia....col tempo mi aspetto che cambi la musica!!!).

          Ci aggiorniamo presto, un caro saluto a tutte!!!!
          VIOLA

          P.S.
          Giaffa, ci sentiamo presto. Penso a delle letture da segnalarti. Se hai domande, chiedi pure con i MP (messaggi privati) o sul forum se pensi che possa essere di interesse generale. In bocca al lupo!!!

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          • #6
            Ciao Viola

            grazie per la tua condivisione e per i tuoi consigli

            futur papà

            Comment


            • #7
              Crepi!!! Grazie viola!!

              Comment


              • #8
                Ciao,
                sul sito della Mattel si trovano barbie colorate, ed e' possibile acquistare direttamente da li. Ad esempio questa : http://shop.mattel.com/product/index...uctId=11213074

                La nonna ha gia' regalato Barbie alla mia piccola le ho chiesto di averne una colorata, e ha trovato una specie di Winx colorata. Credo che mia sorella si stia attrezzata per comprare dal sito

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                • #9
                  Una cosa che mi spiace e che nn so bene come risolvere e' che io nn so niente del paese di origine della mia bimba... so che e' nordafriana ma quasi nulla di piu'.
                  Quet'estate abbiamo avuto l'occasione di fare una mezza giornata in Marocco. Nn posso pero' pensare e nno voglio insegnare a mia figia che una cultura millenaria come quella araba sia cio' che abbiamo visto in questa giornata!
                  Addosso avevamo il tagliandino da TURSISTA, e cio' che ha fatto si che venissimo accerchiati dai rompiscatole, che nn ci hanno mollato per tutto il tempo, fino a quando in malo mado li abbiamo mandati a quel paese.

                  Come faccio a farle sapere che il Marocco nn e' solo questo? Che la Tunisia nn e' solo un villaggio turistico?
                  Da viaggiatori backpackers, dove conosci veramente la gente del posto, e' disarmante nn riuscire a capire e trasmettere di piu'. Vivendo poi in provincia e' anche difficile accedere a corsi di lungua e cultura araba!
                  Conoscete siti dove poter leggere qualcosa?

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                  • #10
                    Cara Emi, non ho ben capito la vostra storia di adozione, non so se è una AN o una AI con tutto quello che ne consegue. Perٍ vorrei segnalarti questo articolo, che abbiamo anche discusso a suo tempo col gruppo delle famiglie adottive che frequentiamo.



                    Spezzo l'articolo in due risposte, perché è troppo lungo ....



                    Il bambino adottato internazionalmente non è un bambino straniero

                    Quando a scuola arriva un bambino adottato internazionalmente si tende a
                    “confonderlo” con un bambino straniero tout court. E’ un’equivalenza facile e
                    spiegabile: a volte parla un’altra lingua, sicuramente proviene da un altro paese e,
                    spesso, è somaticamente diverso. Le analogie perٍ finiscono qui.
                    Lo scopo del mio intervento, oggi, è quello di mostrarvi come queste analogie siano
                    del tutto apparenti e richiedano strategie educative differenti e comunque una speciale
                    attenzione.
                    Innanzi tutto non dobbiamo mai dimenticare che un bambino adottato è un bambino
                    che è stato lasciato solo. E’ un bambino che ha subito l’allontanamento traumatico
                    dalla madre, che non ha potuto sviluppare l’attaccamento, che non è stato
                    sufficientemente abbracciato, nutrito, contenuto, che ad un certo punto della sua vita
                    ha dovuto contare solo su se stesso. E’ un bambino che, grazie all’adozione, ha
                    trovato finalmente una famiglia, che sarà impegnato nel corso di tutta la sua vita ad
                    integrare due parti di sè, il prima e il dopo. Per questo motivo le somiglianze con i
                    bambini stranieri che arrivano in Italia al seguito di uno o entrambi i genitori sono
                    solo superficiali.
                    Prendiamo ad esempio la lingua.
                    Un bambino straniero ha una lingua madre in senso tecnico e simbolico, ha infatti una
                    madre, un gruppo familiare che parla la sua stessa lingua, un lingua che è stata
                    appresa tra le braccia di chi si è preso cura di lui o di lei fin dalla nascita, è una lingua
                    materna nel vero senso della parola, conservarla, ha un senso profondo per l’identità
                    personale e culturale del bambino. E’ la lingua che gli servirà, un giorno, per
                    comunicare con i parenti rimasti nel paese di origine, o se vorrà per tornare a vivere
                    in quel paese, comunque per integrare al meglio le due realtà che lo caratterizzano,
                    quella italiana e quella straniera. La scuola dovrà accompagnarlo, per quanto è
                    possibile, a diventare veramente bilingue, facendo attenzione a non svalorizzare mai
                    la lingua originaria, chiedendo, per esempio ai genitori di non parlare in casa la loro
                    lingua.
                    Diversamente, un bambino adottato internazionalmente, che arriva arriva in Italia
                    già grandicello, parla una lingua che solo tecnicamente possiamo definire una lingua
                    madre. Naturalmente molto dipende dal momento in cui il bambino è stato adottato e
                    dalla sua storia: per quanto tempo è stato in istituto, se ha avuto modo di passare i
                    primi anni di vita con qualche famigliare. Come sempre dobbiamo ricordare che ogni
                    bambino è un caso a sé.
                    In ogni caso una lingua appresa in istituto non è propriamente una lingua materna
                    perchè non è una lingua emotivamente significativa, è una lingua fredda, strumentale,
                    povera. Non c’è ragione, per il bambino, di conservarla e, infatti, i bambini stranieri
                    adottivi perdono quasi subito la loro lingua di origine, è giusto che sia cosى. Sono figli
                    di genitori italiani, l’italiano sarà la lingua famigliare, la lingua dell’amore, della
                    propria identità ritrovata, la lingua con la quale impareranno, piano piano, a nominare
                    tutti quei sentimenti e quelle emozioni che non hanno ancora avuto modo di
                    apprendere. Infatti, prima d’incontrare la propria famiglia adottiva non c’è stato
                    nessuno di veramente significativo accanto a loro che abbia dato nomi a ciٍ che
                    provavano, che si sia fatto mediatore tra loro e il mondo, che, in altre parole, abbia
                    fatto ciٍ che ogni genitore fa quando insegna a parlare al proprio piccolo.
                    Anche se, come ho detto, i bambini dimenticano velocemente la lingua d’origine e
                    apparentemente imparano subito l’italiano, ci vorranno anni prima che si possa dare
                    veramente per acquisita la nuova lingua. Non sarà un processo semplice e lineare, è
                    stato calcolato che dopo un rapido appendimento di un livello che si puٍ definire
                    strumentale, ci vogliono molti anni affinchè si apprenda veramente una lingua. Non
                    ci dovrà sorprendere, allora, il fatto che, anche se è già passato qualche anno dal loro
                    arrivo in Italia, questi bambini presentino delle difficoltà a ripetere la storia o la
                    geografia, o troveranno difficile capire i testi di un problema o ad esprimere
                    correttamente ciٍ che pensano. Come ho già detto, non si tratta di semplici difficoltà
                    ad apprendere un’altra lingua, a sovrapporre o ad affiancare una struttura linguistica
                    ad un’altra, difficoltà che possono essere comuni tra i bambini stranieri. Nel caso dei
                    bambini adottivi si tratta di difficoltà legate ad una sfera più profonda, laddove le
                    carenze di cura hanno provocato delle carenze cognitive e affettive che si riflettono
                    nella sfera del linguaggio. Ciٍ che voglio dire è che attraverso l’apprendimento di
                    una lingua si apprende anche a pensare: pensare se stessi e pensare il mondo. Ci sono
                    circostanze, perٍ come quelle sperimentate dai bambini abbandonati in cui l’assenza
                    di un adulto dedicato interamente a quel bambino provoca in lui dei disturbi della
                    percezione del sé.
                    L’acquisizione e l’abilità espressiva dell’italiano, quindi, andranno di pari passo con
                    l’acquisizione di una maggiore sicurezza emotiva. Le insegnanti possono aiutare
                    molto questi bambini se avranno la pazienza e la costanza di ascoltare le loro
                    difficoltà comprendendone l’origine.
                    Cultura
                    Spesso capita di veder coinvolti, allo stesso titolo, bambini stranieri e bambini
                    adottati internazionalmente in progetti interculturali. Dobbiamo fare attenzione.
                    I bambini stranieri sono portatori di una cultura diversa da quella italiana, in senso
                    positivo, per loro sarà importante integrare le due culture delle quali fanno parte ed è
                    giusto che la scuola stimoli, attraverso una accurata didattica interculturale, l’orgoglio
                    per la propria provenienza culturale. Questo li aiuta non solo a sentirsi accolti in
                    quanto persone ma a sentire accolti indirettamente anche i loro genitori.
                    Al contrario un bambino adottato internazionalmente non ha una cultura d’origine in
                    senso stretto, le regole dell’istituto o la vita di strada non formano una cultura da
                    conservare in senso positivo. Spesso inoltre i ricordi legati al proprio paese d’origine
                    sono dolorosi e comunque segnati dalla solitudine e dall’abbandono. Entrando nella
                    sua nuova famiglia il bambino ne acquisisce i modi, i ritmi, i rituali e quelli saranno,
                    col tempo, i veri elementi della sua cultura. Naturalmente questo non vuol dire che si
                    possa o si debba ignorare la sua origine, anzi proprio perché è la sua origine va
                    valorizzata ma in modo generico, ricordando sempre che l’adozione trasforma un
                    bambino straniero in un bambino italiano. Ricordargli in continuazione la sua origine
                    diversa, anche se lo si fa con le migliori intenzioni, puٍ compromettere il suo pieno
                    senso d’integrazione. Coinvolgere un bambino adottato internazionalmente in un
                    progetto interculturale, chiedendogli ad esempio di ricordare poesie, canzoni o di
                    portare in classe ricette del suo paese d’origine puٍ avere un effetto
                    controproducente. Il consiglio comunque è di concordare sempre con la famiglia
                    qualunque progetto: si puٍ senz’altro trovare insieme il modo di coinvolgere
                    positivamente tutti i bambini senza farli sentire troppo segnati dalla diversità.
                    In ogni caso parlare con vero rispetto delle diverse culture presenti a questo mondo,
                    sottolineandone sempre gli elementi positivi, rintracciando tutti gli apporti creativi
                    che ogni cultura ha dato all’umanità, aiuta tutti i bambini a vivere meglio e ad
                    affrontare la novità e la diversità con interesse e non con paura.
                    Un altro aspetto che spesso fa pensare ai bambini stranieri e quelli adottati
                    internazionalmente come ad un'unica categoria è quello delle caratteristiche
                    somatiche. E’ vero, certamente, sia gli uni che gli altri , a volte, presentano tratti
                    somatici diversi ma dal loro punto di vista la cosa ha valenze profondamente
                    diverse.
                    Per i bambini stranieri quei tratti somatici diversi possono anche essere motivo di
                    prese in giro o di discriminazione, ma sono al tempo stesso il segno forte di
                    un’appartenenza : assomigliano ai loro genitori, ai loro nonni, ai loro fratelli. Quando
                    come insegnanti interveniamo in casi d’intolleranza o di razzismo nei loro confronti
                    possiamo puntare a rafforzare in loro un senso forte e positivo di appartenza ad una
                    famiglia e ad un gruppo culturale.
                    Questo con un bimbo adottato internazionalmente, al contrario, è più complesso. La
                    sua differenza somatica è il segno più evidente della sua filiazione adottiva e, in
                    fondo, anche della sua solitudine, il segno che per lui o lei non sarà, quasi mai,
                    possibile rispecchiarsi fisicamente in qualcun altro ( a meno che non sia stato adottato
                    con dei fratelli).
                    Capita ai bambini adottivi colorati o con tratti chiaramente non europei di venire
                    catalogati dagli altri come stranieri; frasi quali “tornatene nel tuo paese!” spiazza un
                    bambino adottivo che è già nel suo paese, lo ferisce più di quanto la stessa frase possa
                    ferire chi , come un bambino straniero, sa di avere, almeno in teoria, un paese dove
                    tornare.

                    Comment


                    • #11
                      seconda parte ....


                      Per evitare che le differenze somatiche diventino la cifra dell’esclusione le insegnanti
                      possono aiutare tutti i bambini a guardare al mondo per quello che è. Un insieme
                      molto vario di persone colorate. Le insegnanti possono aiutare i bambini a leggere la
                      realtà è insegnando loro ad uscire dagli stereotipi. Mi piace ricordare a questo
                      proposito l’esperienza fatta qualche anno fa in una prima elementare. Nella classe
                      c’erano bambini di tutti i tipi. Quando qualcuno ha cominciato a sottolineare la
                      diversità del colore di qualche bambino le maestre hanno invitato tutta la classe a
                      mettersi in fila. Dal più chiaro al più scuro. Naturalmente ne è nata una gran
                      confusione perché i bambini discutevano, confrontando i colori della propria pelle, su
                      quale fosse il posto di ciascuno. E’ stata, secondo me, un’esperienza semplice ed
                      estremamente importante. Senza paroloni, senza discorsi del tipo “siamo tutti uguali”
                      è stato subito evidente ai bambini come di fatto siamo tutti diversi, che anche
                      all’interno di ciٍ che siamo abituati a pensare come omogeneo ci siano invece delle
                      grandi diversità. E’ stato chiaro cioè che parole come uguaglianza e diversità non
                      esprimano concetti assoluti ma relativi, che tutto dipende dal punto di vista con il
                      quale si osservano le cose. E’ inutile dire che in quella classe nel corso degli anni
                      successivi non ci siano mai stati problemi di esclusione o di derisione basati sul
                      colore della pelle.
                      Prima di concludere questo mio breve intervento vorrei farvi notare che esiste ancora
                      un elemento che differenzia il vissuto e l’esperienza di un bambino straniero da
                      quello di un bambino adottato ed è la famiglia.
                      Entrambi questi tipi di famiglie, quella straniera e quella adottiva, sono famiglie
                      impegnate ad affrontare un complesso e delicato percorso d’integrazione: per la
                      prima si tratta di un percorso d’integrazione con l’esterno, per la seconda di un
                      percorso d’integrazione al suo interno.
                      La famiglia d’immigrati deve, in un certo senso accompagnare il proprio figlio a farsi
                      diverso dai suoi genitori, senza perٍ perdere il legame vitale con la sua provenienza.
                      La famiglia adottiva, invece, compie il percorso inverso: deve trasformare un
                      estraneo, un bambino nato da altri, in un figlio proprio, restituendogli l’esperienza di
                      appartenere unicamente a qualcuno.
                      Questi delicati percorsi d’integrazione possono entrare in crisi se incontrano una
                      scuola troppo esigente, basata solo su standard d’apprendimento classici. Cosa si puٍ
                      fare, allora, per aiutare queste famiglie?
                      Innanzi tutto vederne le speciali caratteristiche e poi sostenendo i genitori. Solo se la
                      scuola si fa alleata delle famiglie, puntando sempre sulle loro risorse, si puٍ pensare
                      di aiutare tutti i bambini a vivere più serenamente.

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                      • #12
                        BELLO!
                        Eh... nn so bene tecnicamente come possa essere definita la nostra adozione. Perche' e' nazionale ma di minore straniero. La mamma l'aveva riconosciuta a lasciata in Ospedale. Per cui a tutti gli effetti' e' stata per un po' di tempo un apolide.
                        Sappiamo solo che e' di origine nordafricana ma nn sappiamo precisamente da quale/i paesi

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                        • #13
                          a maggior ragione io aspetterei di vedere che interessi potrà maturare col tempo, accogliendoli ma senza necessariamente offrirgliene di non richiesti. Non vuole essere questo ovviamente il rifiuto della sua origine, ma quando questa non è nota e forse anche se lo fosse, siamo comunque tutti cittadini del mondo e ci accettiamo come siamo, con le nostre particolarità, i nostri pregi ed i nostri difetti. Perché, se non ce n'è curiosità, cercare a tutti i costi di recuperare qualcosa di cui non si sente (almeno ancora) la necessità? E' come voler a tutti i costi porre un accento dove magari stona....
                          Mi viene in mente quando l'anno scorso ho cercato disperatamente di far fare uno sport a mia figlia, che non fosse il calcio (!). In accordo con lei, l'ho iscritta a pallavolo (aveva 6 anni). Ci sarà andata sى e no 4 volte. Quest'anno invece va molto volentieri a ginnastica artistica. Si vede assieme, senza forzare, quello che interessa.....

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                          • #14
                            Nn so, lei e' italiana a tutti gli effetti, rattrista me nn sapere nulla del suo paese. Mi spiace che se un giorno conoscera' il Marocco lo conoscera' fatto solo di sterotipi... un po' quando noi andiamo all'estero e siamo i "mafia, pizza e mandolino". Ecco nn credo che il Marcocco sia solo i rompiscatole che abbiamo visto!
                            E' una conoscenza che voglio fare mia! Nn voglio che cresca con stereotipi preconfezionati.

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                            • #15
                              Buongiorno Emi

                              Conoscerà quello che tu gli dirai e insegnerai.

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